Sul Corriere della Sera, Andrea Ducci racconta l’incredibile vicenda che ha coinvolto Pompeo Savarino, direttore della Direzione controllo e vigilanza della Regione Lazio, con delega all’Anticorruzione.
Lo scorso febbraio, dopo una verifica sui conti che aveva evidenziato alcune criticità di natura finanziaria e contabile, la Regione Lazio ha commissariato l’Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficienza) che si occupa della gestione dell’incantevole Villa Piccolomini, nel cuore della Capitale, e ha nominato per l’incarico di commissario Stefano Acanfora, il direttore regionale che si occupa degli acquisti.
L’attività di controllo svolta dal direttore Savarino avrebbe, però, accertato che per ottenere l’incarico Acanfora ha dichiarato il falso, attestando di non ricoprire incarichi esterni alla pubblica amministrazione, né di svolgere attività professionali. Acanfora, invece, risulta titolare di cariche e qualifiche in alcune società private.
Il 19 marzo scorso, Savarino, in veste di responsabile anticorruzione, scrive al direttore del personale della Regione, Alessandro Bacci, segnalando che Acanfora avrebbe dichiarato il falso già nel 2016 quando, assumendo l’incarico di direttore centrale per gli acquisti, aveva specificato di non svolgere attività libero professionale. Lo stesso giorno, la falsa attestazione spinge Savarino a non firmare il provvedimento di nomina di Acanfora e a procedere con una denuncia alla procura della Repubblica.
Due giorni dopo, il 21 marzo, la giunta regionale, che in seguito alle elezioni ancora non si è costituita e dunque potrebbe svolgere solo funzioni di ordinaria amministrazione, con una delibera decide di sopprimere l’intera Direzione controllo e vigilanza, rimuovendo dall’incarico Savarino e altri quattro dirigenti. Dunque non solo di rimuovere i dirigenti, ma proprio di smantellare l’intera struttura preposta all’attività di prevenzione delle malversazioni interne alla Regione.
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